L’espansione territoriale della Russia è un fenomeno storico e politico con cui la comunità internazionale è costretta a confrontarsi ciclicamente. Non importa quale sia il nome del Paese coinvolto – che si tratti dell’Afghanistan negli anni dell’invasione sovietica, della martoriata Cecenia durante i conflitti interni o dell’Ucraina nell’attuale scenario bellico – ciò che emerge con chiarezza è una costante: la volontà di Mosca di annettere territori o, quantomeno, estendere la propria sfera d’influenza.
Questa spinta espansionistica non è casuale, né limitata a episodi isolati. Essa rispecchia una tendenza profonda radicata in alcuni regimi autarchici, in particolare quelli nati sulle ceneri dei sistemi comunisti o di origine islamica. Tali regimi, privi di meccanismi democratici reali e alimentati da una visione fortemente centralizzata del potere, trovano nella conquista territoriale una forma di auto-legittimazione. In altre parole, il controllo interno non basta: per consolidare il proprio potere e giustificare l’autorità del regime, questi sistemi cercano riconoscimento e forza attraverso l’espansione esterna.

La Russia ne è un esempio emblematico. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, il Paese ha perso il suo status di superpotenza globale, diventando una nazione relativamente povera, il cui fragile equilibrio economico è sostenuto principalmente dalle risorse naturali – gas, petrolio, e minerali. Tuttavia, Mosca possiede un deterrente enorme: il suo arsenale nucleare. Proprio grazie a questa “potenza atomica”, la Russia si permette atteggiamenti di prevaricazione nei confronti di altri Stati, praticando un vero e proprio bullismo geopolitico.
Ma la Russia non è sola. Anche la Cina e l’Iran si inseriscono nello stesso schema: nazioni con regimi autoritari, ambizioni regionali (se non globali) e una netta avversione verso il modello democratico occidentale. Pechino, con le sue mire su Taiwan e la crescente assertività nel Mar Cinese Meridionale, mostra lo stesso disprezzo per i confini stabiliti dal diritto internazionale. Teheran, dal canto suo, agisce attraverso milizie e proxy per estendere la propria influenza in Medio Oriente, destabilizzando Paesi come Siria, Iraq e Yemen.

Questi tre attori – Russia, Cina e Iran – rappresentano oggi i principali antagonisti dell’ordine democratico internazionale. Mentre l’Occidente cerca di difendere un sistema basato su regole condivise, diritti umani e cooperazione multilaterale, questi regimi perseguono interessi strategici con logiche di potere, intimidazione e violenza.
Nel contesto attuale, l’Ucraina incarna tragicamente il destino di chi ha la sfortuna di trovarsi sul confine di questa nuova “cortina di ferro”. Con un vicino come la Russia, è difficile sperare in una pace duratura o in una convivenza sicura. Ma non è solo Kiev a essere in pericolo. Tutti i Paesi che gravitano intorno all’area d’influenza russa – dalle Repubbliche Baltiche fino al Caucaso – sono potenziali bersagli o, perlomeno, soggetti a forti pressioni politiche, economiche e militari.
Espansionismo russo e la minaccia autarchica globale
È dunque fondamentale non sottovalutare la portata del problema. L’espansione territoriale non è solo un fatto locale o un conflitto regionale: è una minaccia globale alla stabilità, alla libertà e al sistema democratico nel suo complesso. La vigilanza, la solidarietà internazionale e una strategia chiara sono strumenti indispensabili per affrontare questa nuova fase della geopolitica mondiale.
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