Graziano Mesina non lascia nulla

La notizia è di quelle che un tempo avrebbero fatto il giro dei bar, delle edicole, dei salotti televisivi: è morto Graziano Mesina, storico bandito sardo, figura emblematica della criminalità italiana del Novecento. Aveva 83 anni ed è deceduto appena un giorno dopo essere stato scarcerato, ponendo fine a una lunga esistenza trascorsa in gran parte dietro le sbarre. Ma oggi, viene da chiedersi: a chi interessa ancora?

Per i più giovani, il nome di Graziano Mesina suona come qualcosa di lontano, quasi irrilevante. Pochi sanno davvero chi sia stato, e ancora meno comprendono perché il suo nome comparisse nei libri di storia criminale accanto a episodi di sequestri, evasioni e fughe rocambolesche. Per decenni, è stato il simbolo di un’Italia di mezzo secolo fa, quando i banditi venivano raccontati quasi come eroi negativi, circondati da un’aura romantica ma, in fondo, tragicamente reale.

Mesina non fu un Robin Hood, né un ribelle contro il sistema: fu un criminale, punto. Dalla sua giovinezza fino alla vecchiaia, ha avuto un rapporto continuativo con il carcere, con brevi intervalli di libertà che spesso finiscono in nuovi arresti. La sua figura è diventata parte della cronaca nera e della cultura popolare, ma senza mai offrire un vero esempio da seguire — anzi, semmai il contrario.

La sua morte sta chiudendo un capitolo cupo della storia italiana, ma non lascia alcun vuoto. Non ci sono eredità morali, culturali o sociali da raccogliere, se non l’amara constatazione che una vita votata al crimine finisce, quasi inevitabilmente, nel silenzio e nell’irrilevanza. L’unico elemento che lascia l’amaro in bocca è la lunga permanenza in carcere finanziata dai contribuenti. Anni e anni di detenzione pagati dallo Stato, e quindi da ogni cittadino, per garantire a un delinquente conclamato il rispetto dei suoi diritti — cosa che, ironicamente, lui ha sempre negato agli altri.

Graziano Mesina non lascia nulla

La vicenda di Mesina non merita né celebrazione né commozione. Al massimo, può essere letta come un monito: chi sceglie la strada della criminalità non solo mette in pericolo gli altri, ma finisce per buttare via la propria vita. Alla fine, ciò che resta è un nome dimenticato dai più, un’esistenza sprecata e un Paese che ha imparato — o dovrebbe aver imparato — a non glorificare chi vive contro la legge.

In un’epoca in cui le nuove generazioni hanno ben altri riferimenti e problemi, la morte di Graziano Mesina è una nota a piè di pagina nella storia italiana. E, diciamocelo con franchezza, non ne sentiamo la mancanza.
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